Negli ultimi giorni la stampa locale ha riportato dichiarazioni del sindaco secondo cui a Colle si sarebbe registrata una recrudescenza di risse, furti e comportamenti asociali attribuiti “in maggioranza a giovani di origine extracomunitaria”, collegando inoltre la presenza dei flussi migratori al Centro Culturale Islamico della città.
È un accostamento che sorprende, perché non trova riscontro né nella storia del territorio né nelle modalità con cui le persone migranti arrivano nei Comuni italiani. Chi giunge nel nostro Paese non sceglie liberamente la città di destinazione: viene indirizzato ai vari territori secondo procedure nazionali e criteri stabiliti a livello statale, in base alla disponibilità delle strutture e ai meccanismi dell’accoglienza. Una cosa è una comunità religiosa presente da anni, un’altra è la presenza di persone che si trovano a Colle perché assegnate qui da tali procedure. Sovrapporre questi due piani produce inevitabilmente letture distorte.
Merita poi un chiarimento un altro elemento circolato in questi giorni: la definizione del centro islamico colligiano come “terza moschea più grande d’Italia”. Non esiste alcuna fonte che confermi tale affermazione. Le moschee italiane di maggiori dimensioni sono note — Roma, Segrate, Catania — e il luogo di culto di Colle non rientra tra le grandi strutture nazionali. È un centro religioso locale, significativo per la comunità che lo frequenta, ma non una grande moschea italiana. Un chiarimento necessario per evitare che un’informazione inesatta contribuisca a deformare la percezione del territorio.
C’è poi un aspetto che molti colligiani conoscono bene. Il centro islamico, insieme ad altre realtà cittadine, è stato coinvolto nei percorsi di valorizzazione culturale presentati da Colle nel progetto di candidatura a Capitale Italiana della Cultura. È un dato pubblico, che ciascuno può considerare nel leggere le interpretazioni oggi proposte sul suo presunto ruolo “attrattivo”.
Proprio ieri, 13 novembre 2025, ricorreva il decimo anniversario della strage del Bataclan. Nei giorni successivi a quella tragedia, Colle seppe reagire con una marcia della pace partita dal centro islamico, alla quale parteciparono oltre mille persone insieme all’imam e all’arcivescovo di Siena. Un gesto che allora definì nitidamente la capacità della nostra comunità di unirsi nei momenti più difficili.
È legittimo discutere di sicurezza, e alcune criticità esistono. Ma è un tema che richiede attenzione alle parole, solidità nelle informazioni e consapevolezza del peso che certi accostamenti possono avere. Non servono semplificazioni: serve chiarezza.
*Nella manovra di bilancio del Governo, anche quest’anno, non si registrano aumenti delle risorse destinate alla sicurezza, nonostante le ripetute promesse di chi fa della sicurezza uno slogan quotidiano. Le forze dell’ordine continuano ad operare con organici invariati rispetto agli anni precedenti e in condizioni – anche economiche – spesso insufficienti, mentre ai Comuni viene di fatto lasciato il compito di gestire territori sempre più complessi senza gli strumenti adeguati.
Al di là degli slogan e delle dichiarazioni che rischiano di essere dannose per una parte della nostra comunità, servirebbero invece una pianificazione seria, una reale collaborazione istituzionale e investimenti concreti, evitando di scadere nella facile propaganda.
Come Partito Democratico rivendichiamo che la sicurezza è un tema che appartiene anche e soprattutto alla sinistra, continueremo perciò a portare il nostro contributo che significa: garantire spazi pubblici vivibili, sostegno sociale, presenza dello Stato, risposte tempestive ai bisogni delle persone e investimenti. Senza risorse, senza strategie e senza responsabilità condivise, nessuna comunità può sentirsi davvero tutelata e sicura.
Fonte: fb Partito Democratico
